Sta diventando troppo normale qui morire ammazzati

NOLA | La ruota di scorta ancora ai piedi della vettura, le macchie di sangue sul parafango, i bulloni ancora li a terra, svitati, il crick ancora inserito sotto l’automobile, pronto a tirarla su per cambiare la gomma forata. Il tempo sembra essersi fermato alle 17.30 di ieri nel parcheggio D7 del Vulcano Buono, a pochi passi dall’ingresso denominato “Ischia”.

La Punto Evo Bianca di Domenico Esposito è ancora li. L’area non è transennata, come accade di solito per la scena di un delitto. Pochi metri più in la, i visitatori del Vulcano Buono parcheggiano e si avviano verso i negozi del centro commerciale. Parcheggiano vicini a quella Punto, ma non vicinissimi, come a non voler invadere quello spazio dove ieri si è consumata l’ennesima tragedia, figlia della violenza gratuita. A segnare il tempo che scorre, solo un mazzo di fiori,

“Futili motivi”, abbiamo imparato a conoscere questa definizione guardando i telegiornali, che oramai sono costretti, loro malgrado, a pronunciarla sempre più di frequente. Violenza, appunto, gratuita, che si scatena nelle case, soprattutto in famiglia, dove a essere vittima sono principalmente donne e genitori, spesso anziani. Ma non solo. Le risse, la violenza, sono diventate pane quotidiano in ogni ambiente. Sui social spopolano video di veri e propri combattimenti tra ragazzini, ma anche tra adulti. Una generazione che sembra aver smarrito il senso del termine “calma”, dove ogni scusa è buona per attaccare briga, magari poi vantandosene sul web. Un declino, senza voler puntare il dito contro motivo alcuno, contro cui c’è bisogno di combattere, di intervenire, a cominciare dalle famiglie, proprio quelle in cui, sempre più spesso, si consumano le tragedie peggiori. Non è possibile morire di gelosia, non è possibile morire di bullismo, non è possibile morire per una motivazione insensata quanto incredibile, come quella di dover cambiare una gomma forata. Di questo ennesimo omicidio, le indagini chiariranno, forse l’esatta dinamica, ma una cosa è certa. In qualunque modo si siano davvero svolti i fatti, è inconcepibile, al giorno d’oggi, per un ragazzino di 20anni, girare con un coltello in tasca.

C’è una frase, nella serie TV “il capo dei capi”, dedicata alla vita criminale di Totò Riina, attribuita al Giudice Giovanni Falcone. Una attribuzione molto probabilmente di fantasia, ma che può essere lo specchio di quella che è la realtà attuale, al pari, seppur in un contesto totalmente diverso, di quella delle stragi di mafia: “D’ora in poi ogni bella giornata che Dio manda in terra me la voglio godere di più. Sta diventando troppo normale qui morire ammazzati”.

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