È morto Gigi Simoni, allenatore tra i più benvoluti nel mondo del calcio. Nella sua carriera in panchina ha guidato, tra le altre, l’Inter di Ronaldo “il fenomeno” e, in due stagioni (1996-97 e 2003-2004) il Napoli.

Nato a Crevalcore nel 1939, Simoni ha fatto del calcio la sua ragione di vita, prima sul rettangolo verde, da centrocampista, e poi in panchina. Cresciuto nelle giovanili della Fiorentina, esordisce da professionista con il Mantova nel 1959. Passa poi in prestito al Napoli, con cui ottiene una promozione e la Coppa Italia. Nella massima serie, il debutto arriva il 7 ottobre del ’62, ancora con il Mantova, dov’era tornato dopo l’esperienza all’ombra del Vesuvio. Nella sua carriera, indosserà poi le maglie di Torino, Juventus, Brescia e Genoa.

Proprio con i grifoni, arriverà, una volta appesi gli scarpini al chiodo, il debutto da allenatore, nella stagione 1975-76. Siederà poi sulle panchine di Brescia, Pisa, Lazio, Empoli, Cosenza, Carrarese, Cremonese, Napoli, Inter, Piacenza, Torino, CSKA Sofia, Ancona, Siena, Lucchese e Gubbio.

La stagione di maggior rilievo, nella sua lunga carriera, resta senza dubbio quella alla guida dell’Inter (1997-98). Con i nero-azzurri Simoni chiuderà il campionato al secondo posto, con lo scudetto che, tra le polemiche andrà alla Juventus, dopo l’oramai celebre scontro diretto tra l’Inter e i bianco-neri del contatto in area tra Iuliano e Ronaldo. L’inter si consolerà vincendo la Coppa UEFA, battendo in finale la Lazio, in quella stagione, Simoni vinse la panchina d’oro.

Le due esperienze alla guida del Napoli non sono state esaltanti. La prima, nella stagione ’96-’97 si chiuderà anzitempo, dopo dieci partite senza vittorie. Nel novembre 2003 torna a sedersi sulla panchina dei partenopei, in sostituzione di Andrea Agostinelli. Riuscirà a conquistare la salvezza con un tredicesimo posto e 36 punti a fine stagione. Tuttavia il Napoli, a fine stagione, dichiarerà fallimento.

Resterà, nella memoria di tutti gli addetti ai lavori, la figura di un uomo mite, pacato nei modi e nei metodi. L’allenatore gentiluomo che sicuramente, avrebbe meritato miglior fortuna.

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